TRASFUSIONE DI SANGUE ERRATA, LA POSIZIONE DELL’INFERMIERE

Lo studio offre la massima tutela civilistica e penalistica per quanto concerne il settore della malasanità, nato a Gela, matura una grande esperienza in questo settore fornendo la massima esperienza e professionalità per ciò che attiene danni da malasanità, errore medico, etc., presso le sedi di ROMA, GELA e di RAGUSA.
Durante l’ultimo ventennio sono stati molteplici gli interventi a livello istituzionale che hanno coinvolto la comunità scientifica nello sforzo di arginare il fenomeno degli eventi iatrogeni conseguenti alla pratica trasfusionale. Nonostante i casi documentati di errore in corsia siano in numero residuale, il livello di responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie viene ad assumere uno spessore ancor più rilevante: tale riforma normativa segna per i protagonisti della sanità un passaggio epocale in quanto in primis sancisce l’esistenza del diritto alla sicurezza delle cure e lo definisce quale elemento intrinseco del diritto alla salute.
La somministrazione di sangue ed emoderivati riveste un ruolo di particolare importanza per i benefici connessi alla possibilità di riceverla (spesso ha un’efficacia salvavita immediata) ed al tipo di inquadramento giuridico-sanitario della misura terapeutica, essendo classificabile tra i trapianti di tessuti umani. Ne consegue la necessità di assumerne la gestione con i dovuti crismi e le necessarie cautele.
Limitando l’attenzione alle attività in unità di degenza e cliniche, il processo per la somministrazione di sangue ed emoderivati si compone di fasi in successione che si chiudono circolarmente attorno al paziente.
È specifica responsabilità dell’infermiere predisporre-verificare l’adeguatezza dell’accesso venoso da utilizzare e rilevare i parametri vitali della persona.
Va specificato che un particolare protocollo andrebbe previsto per la gestione delle emorragie gravi.
In ultimo segnaliamo la necessità di acquisire il consenso specifico del paziente a ricevere sangue ed emoderivati, preventivamente ed adeguatamente informato nonché consapevolmente prestato (DM 3 marzo 2005 art.11): occorre renderne edotto il paziente rappresentandogli i rischi connessi alle varie situazioni (accettazione e rifiuto) e la possibilità (laddove esistente) di ricorrere a terapie alternative.
Per il minore e l’incapace, l’accettazione deve essere manifestata da entrambi i titolari della potestà genitoriale; in mancanza, solo un tutore nominato dal giudice potrà validamente prestarla.
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